Luigi Adriani, record di longevità professionale: 65 anni di iscrizione all’Albo e di impegno accademico
Un esempio di longevità professionale forse insuperabile: il 16 marzo 2022 il Professor Luigi Adriani, già Ordinario di Scienza delle Costruzioni nell’Ateneo Federiciano, festeggia 65 anni di iscrizione all’Albo degli Ingegneri di Napoli e altrettanti di attività professionale ininterrotta e tutt’ora in corso. Allo scoccare di questo traguardo, Luigi Adriani (classe 1928, dunque 93 anni compiuti e splendidamente portati) ha accettato di scambiare qualche battuta con il Notiziario dell’Ordine Ingegneri di Napoli per ripercorrere un itinerario professionale e accademico che si è snodato in un arco di tempo così ampio e caratterizzato da numerose e profonde innovazioni tecniche.
Professor Adriani, lei viene da una dinastia di ingegneri?
No, la mia famiglia aveva una tradizione familiare consolidata nel commercio tessile. La “Luigi Adriani & figli”, fondata da mio nonno, era una realtà commerciale di rilievo a Napoli, anche per numerose innovazioni nel sistema di vendita, e ottenne numerosi riconoscimenti per un’attività che è proseguita quasi fino ai giorni nostri, quando mio padre – Adriano Adriani – concluse il suo percorso dopo essersi messo in proprio e aprendo un suo negozio in Via Filangieri a Napoli.
Lei intraprende gli studi di Ingegneria in un periodo fondamentale per la storia del nostro Paese e del Mezzogiorno, ossia in quel Dopoguerra difficile, pieno di incognite, ma anche ricco di opportunità. Che ricordo ha di quegli anni?
Fu veramente un periodo indimenticabile, l’Italia usciva dal secondo conflitto mondiale coperta di macerie, ma anche piena di voglia di fare, di intraprendere, di ricostruire. Il lavoro non mancava.
Specie per un ingegnere civile…
Certo, ed erano assai richiesti gli esperti in strutture, ma per la verità iniziai il mio percorso di studio prima iscrivendomi a Ingegneria Meccanica, poi passai a Ingegneria Civile.
I suoi maestri?
Adriano Galli, anzitutto. Il mio grande maestro, un caposcuola dell’Ingegneria Strutturale, ma anche Vincenzo Franciosi (che aveva un carattere a volte difficile, ma al quale pure devo molto), Elio Giangreco, Aldo Raithel.
E l’inizio della carriera accademica?
Subito dopo la laurea, nel 1956, prima come assistente volontario, poi dal novembre 1957 come incaricato. E poi tutta la trafila, passando per la libera docenza, conseguita nel 1963. Nel 1975 l’ordinariato. Sono andato in quiescenza il primo novembre del 2004, dopo 52 anni di servizio. Una carriera lunga anche in campo accademico, sebbene abbia sempre preferito considerarmi prima ingegnere e poi docente.
E la sua attività attuale?
Da tempo non mi occupo quasi più di progettazione, anche se per anni sono stato titolare di uno studio di una certa dimensione impegnato su questo versante. Oggi lo studio esiste ancora, ma personalmente mi occupo in prevalenza di collaudi e la mia agenda è sempre fitta di impegni. Mi ritengo fortunato sotto questo aspetto, perché svolgere il mio lavoro mi piace ancora molto e mi gratifica.
In oltre mezzo secolo di attività didattica avrà avuto molti allievi, ne vogliamo ricordare qualcuno?
Premetto che resto molto legato ai miei allievi, con i quali in molti casi conservo contatti che vanno oltre il tradizionale ambito professionale, caratterizzati come sono anche da un forte rapporto umano. Molti di loro hanno raggiunto posizioni di rilievo, penso all’attuale Sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, ma anche a Paola Marone, mia allieva in anni in cui la presenza femminile a Ingegneria era molto rara ed oggi Presidente di Federcostruzioni, a Mario Pasquino, che dal 2003 al 2006 è stato Direttore del Dipartimento di Scienza delle Costruzioni intitolato proprio a Vincenzo Franciosi, a Michele Brigante, Presidente degli Ingegneri di Salerno ed oggi Assessore al Comune, a Paolo Pizzo, affermato ingegnere strutturista, che fra tutti mi è stato il più vicino sia nell’insegnamento che nella professione, a Mariano Modano, prossimo Associato di Scienza delle Costruzioni nell’Ateneo Federiciano, ad Adele Vasaturo, Dirigente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale. Ritengo di poter annoverare tra i miei allievi – e ne sono orgoglioso – anche l’attuale Presidente degli Ingegneri di Napoli e Assessore al Comune Edoardo Cosenza (che nella foto qui accanto si intrattiene con Adriani durante il brindisi per gli auguri natalizi 2019 al Dipartimento Strutture della Federico II): non seguiva i miei corsi perché la lettera iniziale del suo cognome lo assegnava al collega Franciosi, ma lo esaminammo assieme, Franciosi ed io, nella fondamentale prova di Scienza delle Costruzioni.
Il voto?
30 e lode, naturalmente. E poi proprio nel mio studio Edoardo Cosenza fece le sue primissime esperienze lavorative.
Professore, vogliamo ora ricordare anche qualche sua opera?
Ho legato il mio nome a tante cose. Per esempio ho progettato strutturalmente la Chiesa del Volto Santo a Capodimonte, il cui progetto architettonico fu opera di Arrigo Marsiglia, anche autore della stazione terminale della Circumvesuviana a Napoli. Poi il progetto della Chiesa Madre a Caposele. Altro settore in cui sono stato particolarmente attivo è quello dell’edilizia sanitaria, con le strutture del padiglione emergenze del Cardarelli, dei padiglioni dell’Istituto Pascale, dell’Ospedale San Paolo e dell’Ospedale di San Bartolomeo in Galdo. Mi piace pensare, dunque, di aver prestato la mia opera sia per strutture dedicate alla cura del corpo che alla cura dello spirito. Ho progettato anche diversi ponti, fra cui uno sul fiume Liri a Sora. Innumerevoli poi le attività di collaudo.
Lei ha attraversato anni di profonda innovazione per la figura dell’ingegnere civile. Ha incominciato con tecnigrafo, graphos e tiralinee, ha vissuto la rivoluzione del Computer Aided Design (Cad) e negli ultimi anni ha assistito all’avvento del Building Information Modeling (Bim). Come ha vissuto queste transizioni?
Sono nato con il disegno manuale e a questa tecnica resto affettivamente legato. Quando ero a capo di un noto studio di progettazione mi ero circondato di abilissimi disegnatori e anche io spesso mi impegnavo in prima persona. Nel mio archivio conservo centinaia di tavole, realizzate con tecnica perfetta dai miei collaboratori. Poi siamo passati al computer. Oggi c’è il Bim, tecnica che apprezzo molto, che rappresenta il futuro, ma a cui – confesso – non sono riuscito ad adeguarmi. Preferisco continuare a dedicarmi a quello che credo di saper fare bene, pur riconoscendo i vantaggi del Bim.
Per esempio?
Direi che il vantaggio maggiore è una visione organica e integrata del progetto, per esempio dal punto di vista strutturale e impiantistico. In passato a uno strutturista come me, accadeva spesso di doversi confrontare aspramente con gli impiantisti che avevano esigenze in molti casi contrastanti con una corretta impostazione strutturale. Oggi col Bim questo contrasto non esiste più.
Come occupa il suo tempo libero, coltiva qualche hobby?
Ho praticato per decenni lo sport, anche a livello semiprofessionale e professionale. Da giovane ho militato nella squadra di pallanuoto della Rari Nantes, ottenendo nel 1947 il titolo di Campione Italiano Riserve e poi, nel 1949, di Campione Italiano di Serie A. Ero un fortissimo nuotatore e questo mi permetteva di ben figurare in una squadra che ha fatto la leggenda della pallanuoto italiana. La pratica del nuoto mi ha poi accompagnato per decenni e ad essa ho affiancato la passione per le escursioni in montagna, con indimenticabili vacanze sulle Dolomiti, sulla Sila e a Laceno, in Irpinia, tuttora fra le mie mete favorite, anche se ho ridotto l’attività escursionistica.
Meno escursioni, certo, ma continua a guidare personalmente la sua autovettura, giusto?
Esatto, gli ultimi due anni di pandemia mi hanno imposto una “clausura” domiciliare quasi assoluta, ma mantengo valida la mia patente di guida e mi piace mettermi al volante. In città uso un’utilitaria, ma per i grandi viaggi utilizzo con grande soddisfazione una vettura ormai d’epoca: una Lancia Thema 2000 ad iniezione elettronica del 1988, che mantengo ancora in piena efficienza e che ha ottenuto diversi riconoscimenti proprio per il suo eccellente stato di conservazione.
Questo 2022 segna anche un altro traguardo personale molto importante…
Sì, sto per raggiungere i 65 anni di matrimonio con mia moglie Marisa Sparano. Abbiamo avuto tre figli, due femmine e un maschio, che ci hanno regalato numerosi nipoti ormai adulti. L’ultimo si accinge all’esame di maturità.
I suoi figli lavorano con lei?
Due di loro: mio figlio Diego è ingegnere come me. E con me lavora anche Emanuela, detta Manù: è laureata in Lingue e letterature straniere, e da anni mi affianca sia sul versante amministrativo che su quello delle pubbliche relazioni. In entrambe le funzioni la sua attività è molto apprezzata. L’altra mia figlia, Alessandra, laureata in Matematica, lavora invece in una grande azienda del settore telecomunicazioni.
Il rapporto con l’Ordine degli ingegneri?
E’ stato sempre molto stretto. Per un biennio – alla metà degli anni Ottanta – ho fatto anche parte del Consiglio, con Presidente l’amico e collega Armando Albi Marini. Fino ad anni recentissimi ho partecipato a numerosi convegni ed eventi formativi in presenza, poi c’è stata la pausa forzata imposta dalla pandemia. Nel corso degli anni sono stato insignito del titolo di Senatore e poi di Senatore emerito dell’Ordine e nel 2017, al compimento dei 60 anni di iscrizione all’Albo, mi è stata conferita una speciale pergamena: un gesto che ho trovato particolarmente affettuoso e di cui vado molto orgoglioso. Ancora, nel 2019 ho ricevuto dall’Ordine una targa al Merito professionale. Le recenti elezioni per il rinnovo del Consiglio dell’Ordine mi hanno finalmente dato l’occasione di “tornare a casa”. Sono stato felice di rivedere la sede dell’Ordine e di intrattenermi cordialmente con il mio Presidente Edoardo Cosenza. Ora mi auguro che gli eventi all’Ordine in presenza tornino ad essere una piacevole consuetudine.
a cura di Giovanni Capozzi
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