Sostenibilità, Responsabilità e Società Digitale: La governance al tempo della trasformazione digitale
Sostenibilità, Responsabilità e Società Digitale
La governance al tempo della trasformazione digitale
a cura di
Bruno Esposito, Giovanni Esposito (Consigliere Tesoriere dell’Ordine degli Ingegneri di Napoli), Valerio Teta (1)
Sommario
Trasformazione digitale e sostenibilità – 1
La sostenibilità: due punti di vista alternativi – 2
La prospettiva razionalistica – 3
Limiti dell’approccio razionale – 4
La sostenibilità come movimento di comunità – 5
Opportunità e minacce delle nuove tecnologie – 6
Conclusioni – 7
Trasformazione digitale e sostenibilità
La nostra riflessione sui temi della Trasformazione digitale (2) e sui nuovi muri delle asimmetrie informative dei leader digitali è iniziata nel contesto universitario Federico II, prima nel 2013 con le testimonianze sull’esperienza olivettiana nel corso di Mauro Sciarelli “GOVERNO ED ETICA D’IMPRESA”, poi nel 2014 con la partecipazione allo sviluppo e all’erogazione del corso di PROGETTAZIONE ETICA di Antonio Lanzotti.
L’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Napoli ha collaborato con Antonio Lanzotti nell’organizzazione di un Seminario (3) su “Etica ed Ingegneria” nella Basilica di S. Giovanni Maggiore, culminato nella Lezione magistrale di Fulvio Tessitore sul tema “Cultura dell’Ingegneria: passione, lungimiranza e responsabilità”.
L’attenzione è stata concentrata sulla possibile direzione positiva della trasformazione digitale e sul superamento delle asimmetrie informative attraverso gli elementi concettuali di comunità nel dominio esteso e di umanesimo digitale.
L’approfondimento è proseguito, così, ragionando su cittadinanza digitale e umanesimo digitale con la pubblicazione di nostri contributi sulla rivista “Qualità” (4) e la realizzazione di un programma di eventi denominati “Caffè della Responsabilità Sociale” sui temi della “cittadinanza digitale”.
È a partire dal 2011 – con il re-incontro di Alcuni vecchi amici e la conoscenza di nuovi e importanti – che comincia un’altra storia. Una storia che, come detto, si incrocia anche con la responsabilità sociale.
Sono anni importanti, raccontati a luglio del 2019 nell’evento dal titolo “Include All”, organizzato da Antonio Lanzotti, e che animano la nostra riflessione sulla trasformazione digitale: un fenomeno dirompente che ci sta cambiando la vita.
Il vento delle nuove ICT alimenta un tornado che scompone e ricompone assetti produttivi economici finanziari sociali e culturali. Si parla di “Quarta rivoluzione industriale” (5).
La riflessione sui collegamenti tra responsabilità sociale e trasformazione digitale ci obbliga a porre in relazione i potenziali (opportunità e minacce) della trasformazione digitale con gli obiettivi della sostenibilità.
La sostenibilità: due punti di vista alternativi.
La Sostenibilità è un movimento di pensiero nato nella seconda metà del secolo scorso. Scienziati ed intellettuali hanno iniziato a riconoscere ed analizzare i disastri provocati dalle prime tre rivoluzioni industriali, postulando la necessità d’immaginare uno sviluppo sostenibile alternativo al perdurante pensiero unico economico che alimenta l’attuale modello di sviluppo proiettato con chiara evidenza e velocità crescente verso il baratro.
Di seguito si riportano in forma grafica la rappresentazione classica della sostenibilità e ancora una rappresentazione della stessa che evidenzia l’importanza del fattore culturale.
Il tema è stato accolto, elaborato e rilanciato dall’ONU. Ma questo tema, dopo oltre trent’anni di belle parole, solo grazie a Greta Thunberg ed all’imponente movimento studentesco generato dalla sua azione determinata fino all’ostinazione contro il cambiamento climatico il tema dell’ambiente (la P di Planet è una delle tre dimensioni della sostenibilità insieme con People e Profit), è diventato giustamente popolare.
Greta, con la sua contrapposizione (fisica, logica e diremmo “sentimentale”) al presidente degli Stati Uniti Donald Trump, ha messo in evidenza il paradosso di uno sviluppo economico (Profit) che pretende autonomia assoluta, nonostante ci siano fin troppe evidenze conclamate di disastri presenti e passati e non ci siaalcuna capacità di assicurare il futuro.
Questa immagine potrebbe divenire una fedele rappresentazione dello stato delle relazioni tra sostenibilità (Greta) e digitale (Trump).
Le relazioni, possibili – auspicate – temute, tra sostenibilità e tecnologie digitali sono interpretabili in modi diversi. Di seguito saranno presentate due prospettive:
A) sostenibilità come obiettivo razionale;
B) sostenibilità come movimento antagonista al regime economico dominante.
La prospettiva razionalistica
Nella prospettiva razionalistica è in primo piano il ruolo degli ingegneri ed è interessante comprenderne il ruolo di esperti chiamati a selezionare le tecnologie e ad impiegarle nella costruzione di soluzioni pratiche ai problemi posti dalla riflessione sulla sostenibilità.
La questione riguarda tutti gli ingegneri e induce a considerare l’ingegneria della sostenibilità come ulteriore e necessaria competenza della professione. Per trattare l’impatto (sociale, ambientale, economico) dei sistemi, gli ingegneri possono riferirsi a corpi di conoscenza consolidati come quality management, system engineering e project management.
Si tratta di tre pilastri della professione ma anche corpi di conoscenza fin troppo vasti. La Deontologia Professionale può essere una bussola efficace per evitare disorientamenti.
In estrema semplificazione – e solo per articolare il nostro ragionamento – possiamo affermare che l’ingegnere responsabile deve coinvolgere le Parti interessate alla realizzazione del sistema, pianificarne l’ambito e analizzarne i requisiti e consapevolmente decidere su scelta e acquisizione delle tecnologie abilitanti; in corso d’opera, attraverso il riesame della progettazione, deve appurare la coerenza dello stato di avanzamento della realizzazione del sistema con gli obiettivi (espliciti, impliciti) di sostenibilità.
Limiti dell’approccio razionale
Con la “potenza di fuoco” delle tecnologie digitali si trovano le soluzioni e si risolve il problema. Fine della storia. La storia finisce senza armonia con poche note (sostenibilità abilitata dalle tecnologie digitali) e scivola verso un approccio meccanicistico dove peraltro gli ingegneri si muovono bene e dove la sostenibilità viene gradualmente ridotta a un insieme coerente di condizioni opportunamente lavorabili con la giusta scelta del mix di tecnologie.
Magari la migliore soluzione è offerta da Google con la sua proposta di SMART CITY (6). La irresistibile forza delle tecnologie di Mountain Wiew consente di prevedere facilmente che la soluzione “Google city” (7) possa soddisfare tutte le condizioni di sostenibilità che finora siamo riusciti ad immaginare.
Da un tranquillo scenario di vita facilitata per l’utente, Google city evolve (con astutimovimenti laterali anestetizzanti) verso scenari inquietanti di vita orientata: le applicazioni di intelligenza artificiale soddisferanno anche tutte le altre condizioni di sostenibilità, quelle che ancora non siamo stati in grado d’immaginare, sostituendo la loro immaginazione alla nostra!
Nonostante l’indiscutibile fascino di brillanti soluzioni, la storia che vecchi e nuovi padroni del mondo digitale stanno scrivendo su Google city non promette niente di buono
– da un lato i monopolisti della conoscenza difendono in modo aggressivo il loro potere, si auto candidano al ruolo di solutori e nascondono il loro contributo al disastro ambientale;
– dall’altro i nostri modi di vivere l’infosfera (8) determinano nuove vulnerabilità a livello individuale e collettivo.
La contraddizione non sembra sanabile: non possiamo affidare la nostra vita e la vita dei nostri figli a coloro che non hanno dimostrato scrupoli nell’hackeraggio della nostra esperienza umana.
La sostenibilità come movimento di comunità
Ricominciamo da un’altra prospettiva procedendo per passi:
1) La sostenibilità non può essere (solo) la risoluzione di un sistema di equazioni, né un sistema d’idee chiare e distinte che consente alle anime belle di rispecchiare la luce geometrica della ragione. La sostenibilità è (anche) interpretabile come un processo trasparente e condiviso di cambiamento sociale su scala globale. Senza alcuna intenzione di sottovalutare le altre due dimensioni (Profitto e Pianeta) questa interpretazione ci consente di approfondire il terzo pilastro: quelle Persone che sono autrici e destinatarie dello sviluppo sociale e dell’intero processo di cambiamento.
2) Se la sostenibilità è da intendersi come innovazione (del modo di vivere) e trasformazione dei rapporti economico-produttivi (della comunità) allora gli ingegneri hanno a disposizione un kit d’intervento e una cassetta degli attrezzi adeguati alla situazione: il corpo delle conoscenze della gestione dell’innovazione e il CODICE DEONTOLOGICO DEGLI INGEGNERI ITALIANI (9). Grazie ad essi si potrà orientare un percorso di analisi ed arrivare ad aprire il cantiere della sostenibilità in modo alternativo partendo dall’uomo e dalla sua comunità perché la tecnica sia al loro servizio (10).
3) In tale percorso il contributo delle tecnologie abilitanti arriva buon ultimo dopo cultura e strategia e soprattutto responsabilità: chi decide. È necessario individuare chi abbiala legittima autorità di decidere, l’obbligo di rendere conto e di dare trasparenza proceduraleal processo decisionale e alle azioni conseguenti.
Al fine di coinvolgere tutte la popolazione del Pianeta per la formazione di una coscienza democratica della sostenibilità è necessario adottare le nuove ICT: questo significa recuperare il grande potenziale delle tecnologie digitali dei leader riconducendo solutori e soluzioni ai principi fondativi di internet come mito delle libertà (1989 – 2001).
Opportunità e minacce delle nuove tecnologie
Le parole chiave del mito sono responsabilizzazione, consapevolezza, partecipazione, espressione, personalizzazione, collaborazione.
Dal 2001 ad oggi quel mito della conoscenza condivisa è stato svuotato con inesorabile gradualità di tutti i suoi colori originari: l’essere umano da centro (11) del sistema e destinatario dei servizi digitali è diventato una miniera (12) da cui estrarre la materia prima (i dati comportamentali) da elaborare e vendere sul mercato della sorveglianza.
La mutazione non è stata uno scherzo del caso, ma un percorso pensato ed attuato con lucida strategia e grande abilità: la tragedia delle torri gemelle diventa un’opportunità da cogliere per i “capitalisti della sorveglianza”.
Google cambia il proprio sistema di valori e il proprio modello di business: da azienda in crisi in cerca di acquirenti diventa campione di ricavi, profitti e crescita. Da fragile preda a predatore insaziabile.
Nel 2005 compra Android e nel 2007 ancora una volta coglie al volo una nuova opportunità ovvero il successo dello smartphone Apple, ossia l’I-Phone. Google city diventa un feudo digitale autoreferenziale dove noi utenti continuamente siamo deprivati in modo più o meno consapevole dei nostri dati personali dal potere edove il potere mantiene segreta ogni sua conoscenza acquisita attraverso i nostri dati. Sebbene Google sia stata la prima impresa a virare verso il capitalismo della sorveglianza, non è rimasta sola: si è costituito GAFAM (13), un ristretto gruppo di leader di questo nuovo “feudalesimo digitale”.
Il processo asimmetrico di accumulazione/protezione della conoscenza consente al potere digitale (14) di espandersi in ogni campo (politico, economico, finanziario, tecnologico, industriale) senza limiti e senza controlli imposti da autorità sovra ordinate.
Da qui la insistita metafora del feudatario digitale che espandendosi riduce i poteri e le libertà di tutti gli altri.
È necessario notare che l’espansione del potere digitale genera assuefazione e consenso grazie alla velenosa promessa di facilitare la vita del consumatore: elimina e mitiga incertezza (15) e complessità (16) dei percorsi esistenziali nel nuovo dominio esteso costituito da spazi fisici e digitali interconnessi in svariati modi.
Conclusioni
L’attuale “feudalesimo digitale“, sebbene capace di trattare ogni aspetto della propria sostenibilità, è del tutto incompatibile per la sua natura autoritaria con la sostenibilità intesa come processo trasparente e condiviso di cambiamento sociale su scala globale.
Le tecnologie non sono buone né cattive.
Nei feudi digitali le tecnologie sono strumento attraverso cui il potere perpetua divisione e asimmetria della conoscenza. Quelle stesse tecnologie possono essere formidabili strumenti di promozione della dignità umana nelle mani di persone consapevoli e responsabili.
L’alternativa digitale per la sostenibilità si costruisce attraverso
– la critica al pensiero unicodi massimizzazione del profitto;
– il recupero di esperienze originali di comunità;
– un nuovo umanesimo digitale in grado di coniugare filosofia, scienze sociali, discipline STEM (17);
– la capacità di governare le tecnologieper costruire una società digitale inclusiva, alternativa ai “feudi” attuali.
La sostenibilità diventa pratica virtuosa se e quando si riesce a stringere un patto tra presente e futuro, ma dobbiamo riprenderci il presente e cambiare il verso dell’attuale sviluppo digitale per ricondurlo ad progresso sociale fatto di libertà del consumatore, dell’impresa e del cittadino digitali.
È necessario, quindi, costruire un processo di condivisione e regolamentazione tra comunità e leader digitali per abbattere i muri dell’asimmetria informativa, della divisione della conoscenza e dei meccanismi insostenibili del capitalismo della sorveglianza.
Il patto dovrà portarci in un futuro in cui sia garantito il diritto di ciascuna persona all’incertezza e alla complessità che contano nella propria vita e alla conoscenza che rende consapevoli e liberi.
A noi ingegneri, che per professione siamo agenti dell’innovazione e che trasformiamo i risultati della ricerca in prodotti e servizi, è affidato un compito importante: coniugare più dimensioni quali fattibilità tecnologica, sostenibilità (economico finanziaria, ambientale, sociale), appetibilità di quanto progettato/realizzato, fruibilità; dimensioni necessarie per il raggiungimento dello sviluppo sostenibile (18) e per la sicurezza, il benessere delle persone, il corretto utilizzo delle risorse e la qualità della vita.
L’innovazione “succede”, quando convergono più fattori virtuosi. “Innovation Happens”, insomma, come viene efficacemente esemplificato nella grafica sottostante.
Si tratta dunque di definire un’adesione a un modello culturale orientato verso criteri in cui la progettazione/gestione si fonde con i concetti di tutela delle persone e dell’ambiente, ed assegna alla professione un ruolo sempre più innovativo, inclusivo e qualificante.
NOTE
1 I tre autori sono iscritti all’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Napoli
2 Definibile come “il percorso di allineamento tra sei aspetti fondamentali (tecnologia digitale, competenze, processi organizzativi, modelli di business, territori digitalizzati, processi sociali) finalizzato a creare nuovo valore per imprese e collettività e mantenere la sostenibilità di tale percorso in un ecosistema digitale in costante cambiamento”.
3 A valle del Seminario l’Ordine ha istituito delle specifiche borse di studio.
4 “La buona innovazione”, maggio 2016; “Oltre la buona fabbrica”, ottobre 2016; “La più bella del mondo parla digitale”, agosto 2018
5 https://it.wikipedia.org/wiki/Industria_4.0:
6 La città intelligente (smart city) in urbanistica e architettura è un insieme di strategie di pianificazione urbanistica tese all’ottimizzazione e all’innovazione dei servizi pubblici così da mettere in relazione le infrastrutture materiali delle città «con il capitale umano, intellettuale e sociale di chi le abita» grazie all’impiego diffuso delle nuove ICT, della mobilità, dell’ambiente e dell’efficienza energetica, al fine di migliorare la qualità della vita e soddisfare le esigenze di cittadini, imprese e istituzioni.[ https://it.wikipedia.org/wiki/Citt%C3%A0_intelligente]. AGID propone una interessante evoluzione del concetto: Da Smart City a Smart Landscape. [https://www.agid.gov.it/it/smart-landscape]
7 https://www.ingenio-web.it/articoli/toronto-punta-a-diventare-una-smart-city/”Questo stabilimento riassume le attività e il fervore che animano la fabbrica di Ivrea. Abbiamo voluto ricordare nel suo rigore razionalísta, nella sua organizzazione, nella ripetizione esatta dei suoi servizi culturali ed assistenziali, l’assoluta indissolubile unità che la lega ad essa e ad una tecnica che noi vogliamo al servizio dell’uomo onde questi, lungi dall’esserne schiavo, ne sia accompagnato verso mete più alte, mete che nessuno oserà prefissare perché sono destinate dalla Provvidenza di Dio”. (Dal discorso di Adriano Olivetti per l’inaugurazione dello stabilimento di Pozzuoli, 23 aprile 1955)
11 Negli anni 1998-2002 il Georgia Institute of technolgy è la culla del progetto “AWARE HOME”, una casa domotica per anziani
12 https://smartbackdoor.altervista.org/irobot-puo-condividere-la-mappatura-di-casa/
13 https://en.wikipedia.org/wiki/Big_Tech
14 https://www.borsamagazine.it/informazioni-strategiche/le-10-aziende-piu-potenti-al-mondo/
15 David Hillson: “Capturing Upside Risk: Finding and Managing Opportunities in Projects”
16 https://aise-incose-italia.it/systems-engineering/systems-thinking/: Il Systems Thinking è un modo di pensare volto alla risoluzione di problemi complessi e legati all’incertezza del mondo reale. Parte dal principio base che il mondo è un insieme di entità tecniche e sociali altamente interconnesse, gerarchicamente organizzate a produrre comportamenti osservabili dagli stakeholder, soggetti direttamente interessati o influenzati da tali comportamenti.
17 https://it.wikipedia.org/wiki/STEM
18 Codice deontologico degli Ingegneri Italiani – Premesse
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